Dalla Russia al Lago Maggiore, Paolo Troubetzkoy

Alla fine dell’Ottocento sulle sponde piemontesi del Lago Maggiore furono molti i russi che, dalla loro gelida terra, vennero a passare le vacanze e poi anche a vivere in pianta stabile, attirati dalle bellezze, dal clima mite, dal romanticismo del luogo, ma anche dalla vita mondana ed effervescente che aveva il suo cuore pulsante a Stresa, dove erano sorti grandi e lussuosi alberghi e ville.

Alberghi e ville che avevano calamitato il fior fiore della classe nobiliare di tutta Europa con le loro corti e non solo, ma anche banchieri e artisti.

Dove fino allo scoppio della prima guerra mondiale, s’intrecciarono rapporti stretti, non solo tra le più importanti famiglie regnanti, ma anche una commistione d’idee tra le varie correnti culturali e artistiche con i massimi esponenti che passavano spesso e volentieri sul Golfo Borromeo.

A Stresa alloggiava in vacanza la famiglia Romanov, i regnanti di Russia, Alessandra di Sassonia-Altenburg lasciò più di una traccia della sua presenza sul Verbano. Sposò il granduca Konstantin Nikolaevič, figlio dello zar Nicola I di Russia, prendendo poi il nome di granduchessa Alexandra Iosifovna. Un passaggio importante quello dei Romanov che vide poi altri membri della corte russa soggiornare sul Verbano.

Tra Stresa e Belgirate, si trova la villa Principessa Matilde, dove nella seconda metà dell’800 ha vissuto il principe Aleksej Jurevič Dolgorukij con la moglie, Olga Petrovna Trubeckaja.

A Miazzina, sulla montagna alle spalle di Verbania, invece morì, il 16 ottobre 1934, Aleksandr Nikolaevič Ferzen, figlio del generale russo Nikolaj e della principessa Sofija Aleksandrovna Dolgorukaja.

Il nome russo più legato al Lago Maggiore è però quello dello scultore Paolo Troubetzkoy, nato proprio a Intra, nel 1866, figlio di seconde nozze del principe russo di famiglia antica Pietro, diplomatico, amministratore e generale e della cantante lirica americana Ada Winans, conosciuta a Firenze, dove si era recata per completare gli studi.

Paolo visse la sua infanzia sul Lago Maggiore, nella splendida villa di famiglia a Ghiffa, che il principe dedicò alla moglie Ada. La struttura dell’abitazione, con una parte in legno, ricordava le tradizionali dacie russe.

Dalla villa si godeva una vista magnifica su tutto il lago, era stata scelta perchè la posizione e il clima, si sposavano perfettamente con la passione del principe Pietro Trubetzkoy, la botanica. Infatti fece bonificare una vasta area sui primi pendii della montagna fronte lago con l’intento di costruire una dimora circondata da fiori e piante.

Nell’estate del 1867 il parco si presentava già con diverse piante rare ed esotiche, il primo Pinus Strobus giunse qua dall’America e fu circondato poi da altre piante importanti come palme; il tutto immerso nei colori delle varie piante tipiche del lago come camelie, azalee, rododendri e gardenie.

Inoltre si poteva trovare una grande serra, per le specie più delicate, creando così un giardino che probabilmente per la sua varietà e qualità, non esiste in tutta Europa. Lo stesso Trubetzkoy fu promotore a Mosca e non solo, di esempi simili.

Una villa che, come altre su questo tratto del Verbano, era un vero e proprio cenacolo di cultura, dove passarono molti tra nobili e artisti, tra i tanti musicisti come Alfredo Catalani e Benedetto Junck, il compositore Arrigo Boito ed Eleonora Duse.

E dove trovarono i favori del mecenatismo dei Troubetzkoy, lo scultore Giuseppe Grandi e i pittori Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni. Di particolare rilievo la figura di Ranzoni, nativo proprio di Intra, che con Cremona fu uno degli elementi della scapigliatura lombarda e influirono ambedue sulla crescita e la ricerca artistica di Paolo Troubetzkoy.

Ranzoni da sempre sotto la tutela dei Troubetzkoy, nel 1872, ammalato e di ritorno da Milano, si rivolse ai principi per ottenere un aiuto economico. Questi lo ospitarono in pianta stabile nella loro residenza di Villa Ada, dandogli l’incarico di precettore dei figli Piero, Paolo e Luigi.

Tra i tanti legami tra questa famiglia russa e Daniele Ranzoni, un quadro in cui il pittore verbanese ritrasse Paolo da bambino con i suoi due fratelli, nella serra della villa, in quello che è considerato uno dei più bei ritratti infantili dell’800, conservato alla Gam (Galleria d’arte moderna) di Milano.

Paolo Troubetzkoy, però non si dimostrò amante degli studi e tanto meno propenso a curarsi degli interessi di famiglia, che disponeva di varie tenute in Russia. Richiamato in patria dal padre nel 1883, che voleva seguisse le sue orme, tornò pochi mesi dopo a Ghiffa. Nel 1884, si trasferì a Milano, ma il suo apprendistato con gli scultori Donato Barcaglia ed Ernesto Bazzaro e il fratello maggiore di quest’ultimo, il pittore paesaggista Leonardo, uno dei maggiori interpreti del naturalismo lombardo e della scapigliatura, anch’esso con residenza sul Lago Maggiore, sulla collina di Gignese sopra Stresa, durò poco.

A Milano Troubetzkoy venne in contatto anche con il compositore Alfredo Catalani, il commediografo Luigi Illica, il pittore e architetto Luigi Conconi e con Giovanni Segantini, tra i massimi esperti del divisionismo pittorico, di cui poi eseguirà un celebre, impetuoso busto in bronzo.

Questo periodo milanese, durò solo pochi ma intensi mesi perché poi alla teoria, preferì proseguire da autodidatta e lavorare dal vero, studiando gli animali, le persone nei loro movimenti ed espressioni. A vent’anni nel 1886, espose per la prima volta a Brera con la scultura “Un cavallo”.

Negli anni successivi Paolo Troubetzkoy partecipò a numerosi concorsi per i monumenti a Garibaldi, Dante, Amedeo di Savoia, che venivano eretti in varie città italiane, mentre alcune sue opere furono acquistate dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e dal Golden Gate Museum di San Francisco.

Pur venendo da una famiglia di mecenati, aver vissuto l’arte da sempre, essere a contatto con i migliori del tempo, ma non avendo la necessità di lavorare come scultore o pittore per vivere, e non seguire le mode del periodo, di essere indipendente, sfuggire a ogni canone e non sottostare alle commissioni dei galleristi, mise Troubetzkoy in una posizione particolare, con colleghi e soprattutto critici che lo bollarono al lungo solo come un “ricco dilettante” e non un artista vero, su cui puntare.

Il suo stile scultoreo sfuggiva agli schemi del tempo, influenzato com’era dalla scapigliatura e dalla sua visione della realtà. Tocchi rapidi, spesso profondi, che danno alle sue opere quel tratto di “non finito” ma che consegnavano quel tratto vivo e particolare. Opere che sembrano prendere vita e muoversi, talmente sono ancora oggi nervose e impetuose nel gesto e nel volto.

Una delle prime vere svolte nella sua carriera si ebbe nella primavera del 1892, quando Troubetzkoy si recò a Napoli, dove conobbe Gabriele D’Annunzio, che gli aveva dedicato una bella recensione sulle colonne del quotidiano “Il Mattino”, in occasione della vittoria dello scultore al concorso per il monumento a Garibaldi a Napoli. Troubetzkoy, durante il suo soggiorno partenopeo, realizzò un ritratto particolarmente espressivo del poeta (esposto al Vittoriale) ed ebbe anche modo di eseguirne uno di Francesco Crispi. Altra opera del tempo è quella del conte Antonio Durini.

Troubetzkoy nel dicembre 1898 lasciò Milano e tornò in Russia, dove tenne un corso di scultura all’Accademia di Belle Arti di Mosca, durante il quale invitò gli allievi a copiare non dall’antico, ma sforzandosi di imparare a farlo dal vero e dall’attuale. Frequentò poi l’Associazione per le esposizioni ambulanti, legata ai pittori russi che affermavano i principi del realismo nell’arte, aperto a influenze dell’impressionismo francese.

Mentre era impegnato in una mostra a Stoccolma, lo scultore conobbe Elin Sundström, che sarebbe diventata sua moglie, poi nel 1899 incontrò, a Jasnaja Poljana, Lev Tolstoj, cui dedicò due busti, un ritratto a cavallo, un dipinto a olio e alcuni disegni.

Da questo incontro, Troubetzkoy rimane profondamente colpito dall’umanitarismo e dal vegetarianismo dello scrittore russo, decidendo di non mangiare più nessun alimento proveniente da animali. Lavorò anche a molti ritratti di politici e nobili russi, tra cui il principe Lev Galitzin, la principessa Gagarina e i granduchi Wladimirovich e nel 1901 vinse il concorso per il monumento allo zar Alessandro III da erigersi a Pietroburgo, opera che fu inaugurata, dopo molte polemiche e rifacimenti, nel 1909.

Nel 1905, dopo la guerra russo-giapponese e lo scoppio dei primi moti rivoluzionari, Troubetzkoy fuggi dalla Russia per rifugiarsi prima in Finlandia e poi a Milano, stabilendosi infine a Parigi, dove era stato invitato per lavorare a un monumento a Tolstoj, inoltre divenne un membro della Société Nouvelle des Peintres et Sculpteurs, presieduta da Auguste Rodin.

Presso lo studio del pittore Sargent a Londra, nel 1908, lo scultore eseguì il primo busto del drammaturgo George Bernard Shaw.

Altre sue opere sono quelle che ritraggono il mondo dell’alta società e della cultura internazionale, che movimentano la Belle Epoque del periodo. Come quelli di Arturo Toscanini, Enrico Caruso, Puccini, Gertrude Vanderbilt, il barone de Rotschild, il conte Robert de Montesquiou. Ma anche piccole statue che raffigurano ballerine, fanciulle in movimento e bambini.

Dal 1911 le opere di Troubetzkoy furono esposte in alcune mostre collocate in diverse città americane, tra cui Buffalo, Chicago, St. Louis, Boston e, quando nel 1914 si recò a New York per una nuova esposizione, lo scultore decise di non tornare in Europa a causa dello scoppio della prima guerra mondiale.

Nel 1919 Paolo Troubetzkoy, vinse a Los Angeles il concorso per il monumento al generale Harrison Gray Otis, che venne inaugurato l’anno seguente, inoltre, nel suo studio di Hollywood, fece il ritratto a molti attori della nascente industria cinematografica, tra cui Mary Pickford e Douglas Fairbanks senior, oltre a opere di soggetto vegetariano o ispirate al folklore americano, come cowboys, rodei e indiani pellerossa.

Troubetzkoy nel 1921 tornò a Parigi, dove affittò una villetta con studio nel sobborgo di Neuilly sur Seine, mentre d’estate tornava sul Lago Maggiore, andando a vivere alla Ca’ Bianca di Suna. Nel 1923 la città di Pallanza gli commissionò il monumento ai caduti.

Nel 1934 lo scultore si recò in Egitto, per esporre ad Alessandria e al Cairo, poi continuò a lavorare assiduamente nonostante una grave forma di anemia, probabilmente indotta dal suo regime alimentare, che lo condusse alla morte a Pallanza il 12 febbraio1938.

Per seguire l’ultimo desiderio dell’artista russo, i suoi eredi donarono al Museo del Paesaggio di Pallanza tutte le opere in gesso lasciate nella residenza di Suna e nello studio di Neuilly sur Seine.

A Paolo Troubetzkoy, è intitolato lo splendido e interminabile lungolago che da Pallanza attraversa Suna. Altra opera è Palazzo Troubetzkoy, a Milano, un palazzetto situato in via Mascheroni al civico 19.

Il palazzo fu costruito a partire dal 1916, proprio su commissione dello scultore. E’ decorato al pian terreno e al primo piano con un bugnato liscio. I piani superiori sono caratterizzati ai lati da finestre ad arco, mentre la parte centrale da una facciata in mattoni con finestre e finestre-balcone decorate in stucco, che all’ultimo piano si chiudono con una loggia e una cupola.

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